

P.E.C.c. Le Regole Nascoste della Vita
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Per sempre
“Io per te ci sarò per sempre."
È questo che mio padre, a letto riverso su un fianco, mi diceva con voce rotta dalla saliva rosso sangue, in cambio di un sorso di whisky.
E così, come fa un cane con il legno lanciato dal padrone, correvo a recuperare la bottiglia che mamma aveva nascosto, uno stupido gioco di avanti-indietro, utile solo a illudermi che al mio ritorno, lui sarebbe stato ancora lì, per sempre.
Era il solo a sognare assieme a me; il solo a prendermi sulle sue larghe spalle e, camminando nell’arida terra australiana, farmi sentire una principessa sul suo cavallo bianco; il solo che mi diceva di non smettere mai di fantasticare, perché la fantasia è la sola cosa che ti fa volare alto e che nessuno può portarti via.
Sognava a occhi aperti come me, più di me.
E allora, correre a prendergli la bottiglia per quel sorso di veleno, era rinsaldare un patto tra sognatori. Poco importava se lo stavo aiutando a uccidersi: quella promessa “Io per te ci sarò per sempre”, sarebbe stata più forte dell’alcol, della malattia, della solitudine.
“Io per te ci sarò per sempre” mi ripetevo, mentre aspettavo il suo ritorno dal lavoro, inventando fiabe per le sorelline, aiutando mamma nelle faccende di casa, schiacciata sempre più dalla depressione, costretta a vivere isolata dal mondo assieme alle figlie, per colpa di un marito incapace di tenersi il lavoro in banca, più interessato al gioco e a ubriacarsi, e per questo dirottato a dirigere una piccola filiale in una sperduta cittadina ai confini con il nulla.
Io sognavo, sognavo questo integerrimo direttore di banca, forse un po’ goffo, forse un po’ troppo rigido e distaccato, per passare del tempo con i suoi figli.
Ma i miei sogni non cambiavano la realtà di un padre che tardava a tornare a casa, perso tra le braccia di qualche donna, che non pretendeva nulla da lui, se non il suo denaro.
“Io per te ci sarò per sempre” mi ripetevo, seduta sui gradini del portico, certa che sarebbe arrivato su un cavallo bianco, a portarmi via da quella vita fatta di polvere, vento umido e soffocante.
Ma una promessa è una promessa e va mantenuta, anche quando la sua richiesta di whisky era ormai una distorta imitazione della sua bella voce.
Sognare non costa niente e allora volavo alto con la fantasia, certa che, prima o poi, lei sarebbe arrivata per portarmi via di lì.
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Estratto dal libro “Non si sfugge a Sé Stessi”.